giovedì 31 marzo 2016

Hello!

Oggi chi di voi mi verrà a trovare troverà il blog con una grafica diversa! Spero che vi piaccia... ho voluto dare al mio piccolo angolo un'aria nuova, in linea con la freschezza di questi primi giorni di primavera.

In linea con questa "leggerezza", oggi vi parlo di una novellla breve della Rizzoli YouFeel, una collana che include storie dolci e romantiche di autrici italiane, dando anche spazio a brave e giovani emergenti.

Come forse qualcuna di voi sa, se mi segue da qualche tempo o se ha curiosato sul mio blog, sono un'appassionata di tutto ciò che è "anglosassone". Che si parli di Scozia o Galles, che si viaggi in Irlanda o Inghilterra... io sono nel mio ambiente ideale.
Per questo, anche quando leggo qualcosa di più, diciamo, leggero, mi piace esplorare i luoghi dei miei sogni (e di quasi tutte le mie reali vacanze, devo dire), e anzi sono felice quando riesco a trovare qualcosa ambientato lassù, che mi riporti con la mente a tanti momenti felici.
Partiamo quindi per la Gran Bretagna...


RECENSIONE
BACI RUBATI NEL VENTO DEL NORD
Sabina Di Gangi


TRAMA: Lulworth Cove, una baia nella costa sud dell’Inghilterra, è un posto magico. Lo sa Lise, che vi è tornata dopo tanti anni. Lei ama camminare a piedi nudi sull’erba e osservare la natura che si riposa. Eppure né il profumo delle piante, il suono del mare, il vento che spazza via le nubi e nemmeno quel dannato vicino che continua a fare rumore riescono ad alleviare le paure e la solitudine che la opprimono.
Anche Daniel ama Lulworth Cove, e i colori che ha attorno lo ispirano. Lui che è un pittore introverso e scontroso, sempre in guerra con il mondo e con le donne troppo accondiscendenti e senza cervello, lì si sente in pace. Per ironia della sorte si ritrova come vicina di casa una impicciona rompiscatole… Ma Lise non è come le altre, e Daniel giorno dopo giorno se ne accorgerà.
Una storia d’amore calda come i colori dell’autunno, dirompente come il risveglio della natura in primavera.


Mi sono trovata un po' in difficoltà a scrivere la recensione che vi presento oggi. Infatti leggere questo libro, su cui avevo belle aspettative a partire dal titolo e dalla trama, mi ha lasciata abbastanza perplessa.
Io di solito non assegno voti qui sul blog, ma se lo facessi, spiegherei il voto decisamente intermedio che assegnerei come risultato della media quasi aritmetica tra le valutazioni che ho cercato di dare alle varie componenti di questo libro, alcune pregevoli, altre meno convincenti.
Vorrei cominciare dagli aspetti positivi, che ci sono, e sono senza dubbio validi.

Prima di tutto l'ambientazione (Inghilterra un po' periferica, campagna nel periodo tardo-autunnale, baie isolate e battute dal vento...): decisamente nelle mie corde, e descritta con efficacia. Gli odori, i colori, l'aria fredda e tagliente, le atmosfere raccolte e malinconiche, i silenzi, l'armonia di una natura ancora selvaggia e tuttavia non ostile: molte parti della storia sembrano scritte apposta per perdersi in queste atmosfere un po' retrò, romantiche e familiari, come se si guardasse un dipinto antico, dai colori ancora vividi, dallo stile un po' superato ma ancora affascinante.


"Amava quel soffice solletichino, l'erba che si piegava al soffio del vento accompagnando i suoi passi lenti. Faceva freddo, ma quel luogo le scaldava il cuore: il cielo limpido, senza una nuvola, il mare punteggiato da diamanti luminosi, e quel verde intenso dei prati che circondavano la baia..."

La trama è interessante e ben strutturata, forse le cose succedono un filo troppo in fretta ma probabilmente è la dimensione stessa della novella (poco più di 90 pagine) a "costringere" il ritmo degli avvenimenti, tuttavia questo non disturba troppo e si riesce a seguire bene l'evolversi delle vicende, dei sentimenti tra i protagonisti e della maturazione di Lise (un po' meno quella di Daniel, solo alla fine vengono approfonditi un po' di più i motivi della sua condizione iniziale di moderno eremita in quel paesino di mare, ma come detto sopra questo è più che accettabile data la lunghezza del libro).
Il legame di Lise con la madre è quasi paritetico rispetto alla relazione con Daniel e questo è forse un po' eccessivo considerando il genere del romanzo, ma direi che, per spiegare l'evoluzione della personalità della ragazza e l'inizio del suo legame con il pittore, si può ben accettare come l'autrice abbia voluto dare spazio a questo aspetto della vita della sua protagonista.

Le cose positive in questo romanzo breve quindi non mancano ma quello che mi ha lasciato perplessa, insoddisfatta, a tratti anche irritata e che influenzato la mia opinione generale è lo stile di narrazione della Di Gangi. Non si tratta di errori grammaticali, di refusi o di incongruenze spazio-temporali (cose che mi fanno sempre saltare la mosca al naso quando leggo), anzi il testo è molto curato da questo punto di vista. Si tratta piuttosto di qualcosa di più diffuso e generale che mi ha respinto e non mi ha permesso di "entrare" nella storia.
Faccio solo qualche esempio, per spiegare quello che non mi è piaciuto:

"Adesso che ci siamo trasferite definitivamente qui posso APPORTARE LE MODIFICHE che desidero"
"Adesso ricomincerà con quella musica strana e ci TEDIERA' fino a notte fonda..."
"I tuoi muffin sono deliziosi e hanno il potere di PLACARE LA MIA IRA..."
"Si chiese... come avesse potuto IDENTIFICARE IL SUO ASPETTO PIU' RECONDITO..."
"... in ogni albero o cespuglio E' CELATO UN FRAMMENTO DEL MIO PASSATO..."

A mio parere quello di questo libro è in gran parte un linguaggio artefatto, uno stile pomposo e artificiale che rende la narrazione fredda e distante.
Non si tratta di episodi isolati, ho riportato poche frasi ma vi giuro ce ne sono decine e decine, ad un certo punto ho cominciato a segnarle tutte con l'evidenziatore e adesso il libro sul mio reader sembra un arlecchino!
Ora, ammetto che quello che a me ha dato letteralmente fastidio, ad altri possa risultare indifferente o addirittura piacere, del resto è lo stile di scrittura della Di Gangi (almeno, quello che ha usato in questo romanzo), e perciò sto parlando di convinzioni personali (e quindi insindacabili). Io vi ho presentato la mia opinione: se gli aspetti positivi che ho pure descritto vi ispirano vi consiglio di provare la lettura e di confrontarvi anche voi con questo stile e sperimentare da sole la sua importanza rispetto allo svolgimento della storia, che come ho detto non è priva di bellezza e profondità.

Cheers,
Eva

giovedì 24 marzo 2016

RECENSIONE - L'uomo a rovescio - Fred Vargas

Hello!


Chi legge lo sa, ogni lettore ha i suoi scrittori “feticcio”, quelli di cui si acquista ogni piccola cosa a scatola chiusa, quelli che si leggono e rileggono fino a consumare le pagine, quelli i cui libri si comprano in digitale, e poi anche in cartaceo, e se esce l’edizione superlusso si ricomperano ancora...
Per me, Fred Vargas è una di questi.
La scrittrice francese (il cui vero nome è Frédérique Audouin-Rouzeau) ambienta i suoi romanzi soprattutto in Francia, in particolare a Parigi, con qualche rimarchevole eccezione come quella di cui vi parlo oggi.
I suoi romanzi in Francia sono amatissimi: sono thriller atipici, senza sangue e sesso, definiti nocturne più che noir, e qui da noi in Italia sono editi tutti dalla Einaudi.
Fred Vargas è autrice di due serie con personaggi ricorrenti, quella degli “Evangelisti” e soprattutto quella del commissario Adamsberg, composta finora da otto romanzi leggibili ovviamente in maniera indipendente, ma ciascuno caratterizzato da alcuni personaggi ricorrenti.
In Italia purtroppo, per ragioni che a me sfuggono completamente, sono stati pubblicati non nel loro ordine preciso ma un po’ a caso, infatti quello di cui vi parlo ora è il secondo della serie, composta come segue:

- L'uomo dei cerchi azzurri (L'Homme aux cercles bleus, 1991) (Einaudi, 2007)
- L'uomo a rovescio (L'Homme à l'envers, 1999) (Einaudi, 2006)
- Parti in fretta e non tornare (Pars vite et reviens tard, 2001) (Einaudi, 2004)
- Sotto i venti di Nettuno (Sous les vents de Neptune, 2004) (Einaudi, 2005)
- Nei boschi eterni (Dans les bois éternels, 2006) (Einaudi, 2007)
- Un luogo incerto (Un lieu incertain, 2008) (Einaudi, 2009)
- La cavalcata dei morti (L'armée furieuse, 2011) (Einaudi, 2011)
- Tempi glaciali (Temps glaciaires, 2015) (Einaudi, 2015)


RECENSIONE
L'UOMO A ROVESCIO
Fred Vargas


TRAMA: Ma è davvero un lupo che uccide tra le montagne del Mercantour? Mentre le superstizioni e le leggende cominciano a girare, un sospetto si diffonde: non è una bestia, potrebbe essere un lupo mannaro. Quando Suzanne viene ritrovata sgozzata, il dubbio diviene certezza. Il disegno narrativo e la costruzione dell'intreccio disegnano un contesto in cui lo scenario aspro e selvatico della montagna fa da contrasto al calore della giovane Camille, eterna amante in fuga del commissario Adamsberg. Proprio lui, guardando distrattamente un servizio del telegiornale dedicato ai lupi, una sera crede di riconoscere la sagoma della donna nella piazza del borgo montano. È infatti in questi luoghi che la donna, assieme a un amico ricercatore, crede di aver scoperto in un "lupo mannaro" l'autore di una catena di orrendi delitti. Ma sarà il commissario Adamsberg, precipitatosi da Camille, a scoprire la sconvolgente verità.


Martedì ci furono quattro pecore sgozzate a Ventebrune, nelle Alpi. E giovedì nove a Pierrefort. - I lupi, - disse un vecchio. - Scendono a valle.
L'altro vuotò il bicchiere, alzò la mano. - Un lupo, Pierrot, un
lupo. Una bestia come non ne hai mai viste. Che scende a valle.

Straordinario.
Non riesco a trovare un aggettivo più adatto per descrivere questo romanzo di Fred Vargas, terzo della serie sul commissario Jean-Baptiste Adamsberg, del 13° arrondissement di Parigi.
Il personaggio di Adamsberg, lo “spalatore di nuvole”, ha a mio parere il diritto di essere considerato uno dei giganti della letteratura: un uomo che rimane impresso nella memoria del lettore in modo indelebile. Jean-Baptiste è un uomo strano, dai ritmi lenti e allungati. Lui riflette, pensa, medita a lungo. Lascia che le cose gli accadano attorno, lascia che la vita gli scorra addosso e niente sembra turbarlo o ferirlo, ma non è cinico o indifferente: solo, non riesce a lasciarsi andare al fuoco sacro delle passioni, tiene tutto dentro, e osserva. Osserva gli altri, le loro manie, la fretta e la frenesia di vivere che lui trova così strane.
Lui osserva e conosce, e sa come agiscono gli uomini, quando devono affrontare le loro paure.
Osserva Camille, la sua donna, camminargli accanto per un po’ e poi fuggire via quando lui stesso gliene dà il motivo, senza fare niente per trattenerla ma senza riuscire a recidere il legame che loro malgrado li tiene insieme.
E poiché alla fine i romanzi di Fred Vargas sono dei gialli, atipici quanto si vuole ma pur sempre a tema investigativo, Jean-Baptiste Adamsberg osserva i personaggi più diversi che entrano nelle sue indagini, e lascia vagare la mente in cerca di quelle connessioni improbabili e assurde, almeno all’apparenza, ma che poi gli rovesciano addosso la loro verità inconfessabile e squarciano il velo sul colpevole. Colpevole che però non è mai giudicato con impietosa intransigenza: anche chi si macchia di crimini orrendi ha una sua ragione, incomprensibile ai più, certo, e bisogna fermarlo e renderlo innocuo, certo, ma non bisogna mai smettere di interrogarsi, di guardarsi dentro e di affrontare le proprie paure, i propri orrori, perché nessuno è puro e perfetto e ognuno di noi ha in sé il germe della follia.
E’ difficile fare una recensione di un giallo senza fare minimamente spoiler sulla trama, che in questo romanzo si svolge lenta e apparentemente complicata, chiusa al lettore. Fred Vargas non rispetta il patto degli scrittori di gialli tradizionali, non dissemina il romanzo di indizi, almeno non palesi, non si contraddice all’apparenza per cercare poi il colpo di scena ad effetto. Invece, accompagna Adamsberg nelle sue riflessioni a volte tortuose, a volte inconcludenti, a volte geniali, e anche noi lettori lo seguiamo ammirati, curiosi dei suoi ragionamenti apparentemente slegati, delle sue digressioni, dei suoi tormenti interiori, che sono la chiave dolorosa ma imprescindibile della sua capacità investigativa.
In questo romanzo mi hanno colpito tantissimo i personaggi, che sono secondari (nel senso che il protagonista è ovviamente Adamsberg, insieme a Camille e al suo nuovo amore Lawrence) ma non di importanza secondaria: Soliman, il Guarda, e tutto il microcosmo della provincia francese, non glamour come Parigi e sconosciuta ai più.


L’ambientazione del romanzo è meravigliosa: la regione remota del Mercantour, nell’estremo Sud della Francia, una terra aspra e remota dove la natura è sovrana e incontrastata, e dove regnano i lupi.
E sono proprio i lupi, e le paure ancestrali da sempre legate a questo animale magnifico, a riempire ogni pagina del romanzo, a inseguire e incalzare i protagonisti, e insieme noi lettori, quando una terribile bestia misteriosa sembra fare la sua apparizione con crudeltà. Adamsberg indaga, investiga, chiede, riflette, osserva: chi è che uccide, lassù sulle montagne? Qual è la verità? E soprattutto, quanto costerà scoprirla?


- Qualcuno che non ci crede, - disse.
- Alla caccia?
- Alla belva.
Ci fu di nuovo silenzio.
- Capisco niente, - disse Camille, che per mimetismo involontario si metteva talora a risparmiare sulle frasi mozzandone via l’inizio.
- Pensa che non ci sia nessuna bestia, - spiegò Lawrence a fatica. – Nessunissima. Me l’ha detto in confidenza.
- Ah, - disse Camille. – E cosa pensa, allora? Che è una fantasia?
- No.
- Un’allucinazione? Una psicosi collettiva?
- No. Pensa che non ci sia nessuna bestia.
- Neanche alle pecore morte, crede?
- Sì. Certo che ci crede. Ma alla bestia no.
Camille alzò le spalle scoraggiata.
- E cosa crede, allora?
- Crede che sia un uomo.
Camille si alzò in piedi, scosse la testa.
- Un uomo? Che mangia le pecore? E i morsi, allora?
Lawrence fece una smorfia nel buio.
- Crede che sia un lupo mannaro.



“L’uomo a rovescio” è un libro potente, accurato, profondo, cerebrale, dalla prosa così ricercata e perfetta da sembrare poesia.
Un libro straordinario.
Cheers,
Eva

PS Dai libri della serie del commissario Adamsberg sono stati tratti, alcuni anni fa, dei film per la televisione, distribuiti soltanto sul mercato francese. Qui un interessante articolo a riguardo.

martedì 22 marzo 2016

Hello!


San Patrizio è appena passato... Ma i pensieri sono ancora nella mia amatissima Irlanda, e quindi ho pensato di proporre qui sul blogghino la mia recensione di un romanzo ambientato in parte lassù, nell'isola di smeraldo.

RECENSIONE

VUOI VEDERE CHE E' PROPRIO AMORE?
Viviana Giorgi




TRAMA (dalla quarta di copertina) È possibile che la vita viri dal grigio al rosso, passando per il rosa, nell’attimo di un respiro? A sentire Piera Aldobrandi, insegnante di inglese single, salutista e aspirante fotografa, la risposta è sì. Perché, quando incontra il cinico Jean, uno che segue le regole della statistica anche con le donne, l’amore esplode dentro di lei con il calore di una ballata irlandese, finendo per colpire, oltre la sua vita, anche il suo guardaroba che da grigio diventa rosso fuoco. Tutto inizia nel borgo milanese di Bang Bang. Tutta colpa di un gatto rosso, ma poi la storia si sposta in un’Irlanda che più romantica di così non si può, punteggiata da un coro di personaggi divertenti e improbabili e dalle canzoni eterne dei Beatles. Il gatto rosso? C’è anche lui, e se la ride sotto i baffi.


Devo premettere che con i lavori di questa autrice ho un rapporto ambivalente. Avendo letto sia i suoi contemporanei sia i suoi storici, ho potuto verificare che la preferisco quando è alle prese con storie e protagonisti del nostro tempo. I suoi libri contemporanei possono essere definiti, a mio parere, delle commedie romantiche e brillanti, e in alcuni casi si sono rivelati  delle letture molto piacevoli: per esempio, il suo miglior lavoro è, a mio parere, la breve novella Un cuore nella bufera, e mi sono piaciuti molto anche Tutta colpa del vento (e di un cowboy dagli occhi verdi) e Alta marea a Cape Love.

Il discorso invece cambia se parliamo di questo suo ultimo romanzo, che purtroppo non mi ha convinta molto. Mi dispiace perché reputo Viviana Giorgi una brava scrittrice, e in più avevo grandi aspettative per questo suo romanzo, essendo ambientato in parte nella mia amatissima Irlanda, ma con mio grande dispiacere devo dare un giudizio non troppo alto perché ci sono state tante, troppe cose che non mi hanno convinto.
Il romanzo in sé non è affatto male: la cosa migliore, ad esempio, sono le ambientazioni. Adoro la Milano particolare e diversa che Viviana riesce a tratteggiare, con il borgo delizioso e un po' fuori dal tempo in cui sono ambientate gran parte delle sue storie italiane, lontana anni luce dalla solita immagine che abbiamo di città frenetica e dedita solo al lavoro. L'Irlanda descritta dalla Giorgi, poi, è magica e affascinante, fa venir voglia di prenotare un volo e partire appena chiuso il reader: Bellissimo l'episodio nel Dunbeg Ring Fort, dove sono stata anch'io... leggerne mi ha riportato alla mente le sensazioni e le emozioni che avevo provato muovendomi di persona tra le antiche pietre dei clochans.


La trama del romanzo è abbastanza classica, sviluppata con evidente mestiere e la narrazione è arricchita da alcune belle descrizioni di ambienti insoliti e pittoreschi (per esempio, il castello del matrimonio).Ci sono però parecchie incongruenze temporali e spaziali nella trama, che mi fanno quasi pensare ad un editing non troppo accurato: tante imprecisioni e errori fastidiosi si sarebbero potuti evitare, come ad esempio il fatto che Jean, come dichiara lui stesso, abbia fondato la sua società di successo quasi vent'anni prima, subito dopo laurea e master prestigiosi. Avendo quarantuno anni mentre si svolge la storia, quando ha conseguito tutti questi titoli accademici: prima dei vent'anni? Comunque sarei passata sopra a tutte queste imperfezioni temporali e logiche (a volte dei veri e propri errori, come confondere l'emisfero australe e quello boreale), se non fosse che il difetto principale del romanzo sta in quello che, per me, è il cuore di ogni libro: quello che funziona meno in questo romanzo, secondo me, sono ahimè proprio i personaggi principali: Piera e Jean.
Li ho trovati scontati, banali, inverosimili e bidimensionali, soprattutto considerando il contesto e la loro età. Insomma, lui ha più di quarant'anni e si comporta e pensa come un adolescente, lei ne ha solo sette di meno e si agita come una ragazzina alle prime armi. L'esempio più lampante è nell'equivoco che si trascina per tutto il libro (non dico di più per non spoilerare) che persone adulte avrebbero risolto parlandone già dopo poche pagine e che invece resiste fino a poche pagine dalla fine.
Non capisco poi gli accenni fatti alle caratteristiche dei personaggi nella sinossi (lei timida, lui uno statistico), che non pesano minimamente nella storia. Lei mi sembra tutto fuorché timida e compassata, infatti non si capisce perché si veste sempre di grigio (salvo poi, ovviamente, togliersi gli abiti dimessi e smorti e rivelare un corpo mozzafiato), lui non ha affatto la personalità di un matematico, ma naturalmente è ricco, bello, di successo, sempre circondato da modelle anoressiche che mangiano solo insalata, in passato giocatore semi professionale di rugby (pure? dove l'ha trovato il tempo?), con casa a Portofino e Norton di ordinanza (a proposito, non si va a 150 km/h in autostrada, è un reato!).
Le resistenze che lui ha nei confronti di una storia seria sono motivate da "qualcosa" che è successo nel suo passato, d'accordo, ma un minimo di approfondimento sarebbe stato meglio. L'intera vicenda viene liquidata in meno di una pagina, e francamente mi sembra esagerato che dopo quindici anni da una delusione d'amore, a quarant'anni suonati, ci si comporti come un "tombeur de femme", sempre attento a non concedere a nessuna più di una botta e via (una cosa che mi ha sempre fatto tanta tristezza).
Infine, un piccolo particolare che ha contribuito non poco ad abbassare il mio godimento di questo libro: i continui, fastidiosi riferimenti a pubblicità italiane vecchie e nuove usate come intercalare colloquiale: "l'uomodelmonte ha detto sì", "no autoritratto, no party", "maschio chenondevechiederemai", "come nella pubblicità di quella carta di credito, non ha prezzo"... Incisi che, a mio parere, vorrebbero dare spigliatezza e leggerezza alla narrazione e che invece caratterizzano troppo il romanzo e gli danno una connotazione troppo provinciale.

Parlando però di Irlanda, uno dei meriti del romanzo è quello di diffondere la meravigliosa Danny Boy: una ballata irlandese tra le più famose al mondo, che riunisce gli irish sparpagliati negli angoli del pianeta in un canto meraviglioso e da brividi. Qui sotto trovate il link alla splendida versione di Sinead O'Connor, forse una delle più belle mai ascoltate:


Cheers,
Eva

domenica 20 marzo 2016

Hello!
Sapevate che l'equinozio non è sempre il 21 di Marzo?
Astronomicamente parlando, dalle 5:30 di questa mattina... siamo già in Primavera!



"E' che dietro le cose ci sei tu, Primavera, che incominci a scrivere nell'umidità, con dita di bambina giocherellona, il delirante alfabeto del tempo che ritorna"
Pablo Neruda

"Un minuto di primavera
dura spesso più a lungo
di un'ora di dicembre,
di una settimana di ottobre,
di un anno di luglio,
di un mese di febbraio"
Jacques Prevert 

"La primavera non è primavera se non arriva troppo presto"
Gilbert Chesterton

Cheers,
Eva

domenica 13 marzo 2016

Hello!

Scusate il post forse poco interessante...
Solo poche parole. Sono un po' demoralizzata... Ieri la nostra squadra ha perso, ha perso malissimo contro l'Irlanda, facendo anche una figura non esattamente entusiasmante...
Sto parlando dell'unica nazionale che conta, per me, cioè quella ovale. Netta sconfitta per 58-15, ma soprattutto poca testa e poco cuore in campo.
Ragazzi, così non va.
Forza, rialziamo la testa. E ricominciamo.

Insieme.


Cheers,
Eva

venerdì 11 marzo 2016

Hello!

Una bellissima iniziativa che voglio condividere con voi: un

LINK PARTY!

Non sapete cos'è? Non lo sapevo neppure io, fino a qualche mese fa, ma da quando frequento la "blogosfera" (quanto mi piace usare quest'espressione) e ho conosciuto un sacco di blog (e quindi persone) interessanti, ho imparato tante cose nuove e divertenti.

Il blog Piccole Macchie d'Inchiostro compie un anno,e per festeggiare ci invita tutti alla sua festa!


Trovate qui il link diretto al party.
Partecipiamo numerosi!

Cheers,
Eva

giovedì 10 marzo 2016

Hello!

Non c'è niente da fare, adoro partecipare ai Giveaway! Anche se finora non ho mai mai mai vinto nulla... prima di tutto la speranza è sempre l'ultima a morire, poi mi piace molto giocarmi la possibilità di vincere libri che magari desidero tanto leggere, e infine c'è sempre l'occasione di scoprire autori che non si conoscevano e che sembrano molto molto interessanti.
Come nel bel giveaway iniziato da un paio di giorni sul bellissimo blog La Libridinosa!

Ecco qui il link diretto per partecipare al giveaway, per festeggiare il compleanno di un blog spiritoso, informato, divertente e competente!

Cheers,
Eva

PS Non è un giveaway "semplice semplice"... bisogna sforzarsi un po' per partecipare! Ma è un bello spunto per riflettere su cosa i libri significano per noi, appassionati lettori!



lunedì 7 marzo 2016

Hello!

La sentite? La primavera, nell'aria?
Beh, in effetti stamattina faceva freddo freddo freddo qui a Roma... Ma sta arrivando, oh sì, sta arrivando. La vedo nel sole che scalda appena, tiepido ma tenace. La sento nel canto degli uccelli al tramonto, che insistono a salutarsi prima di mettersi a dormire.
Vi va di festeggiare insieme?
Io ci provo.
Le amiche di Anni di Nuvole aspettano la primavera con un bellissimo SprinGiveaway:

e io ovviamente non posso fare a meno di partecipare: i tre libri messi in palio sono tutti molto interessanti, e nella mia WL da settimane.
E voi che aspettate?
Ecco qui il link diretto al giveaway.

Cheers,
Eva



mercoledì 2 marzo 2016

Hello!
Marzo è iniziato, e nonostante il freddo polare che attanaglia Roma in questi giorni, io vedo e sento piccole speranze di primavera. Gli alberi sono pieni di verde chiaro, ho visto le prime farfalle svolazzare al parco, e le giornate si allungano inesorabilmente.
Succedono tante cose nel mondo, alcune belle, altre più brutte.
Vorrei tanto che tutti fossimo più gentili con gli altri, anche senza motivo.


Questa della "gentilezza a casaccio" è una storia bellissima, iniziata in America qualche anno fa (o almeno così sostiene la leggenda metropolitana che c'è dietro).
Apparentemente, tutto cominciò con una donna che, senza alcun motivo, al casello dell'autostrada pagò per sé e per i sei automobilisti che le erano dietro.
Sconosciuti.
Soltanto per fare qualcosa di bello, senza pensare a una motivazione o a una ricompensa.
E così, com'è certo che la violenza genera la violenza, così è bello pensare che la gentilezza generi la gentilezza, e la bellezza dia origine alla bellezza, anche se noi non sappiamo se, dove o quando.

E’ l’azione, non il frutto dell’azione che è importante.
Devi fare la cosa giusta.
Potrà non essere in tuo potere: potrà non avvenire nella tua epoca,
che vi sia qualche frutto.
Ma questo non significa che tu debba smettere di fare la cosa giusta.
Potrai non sapere mai quali risultati derivano dalla tua azione.
Ma se non fai niente, non vi sarà alcun risultato.
 
Mahatma Gandhi.

Cheers, Eva