mercoledì 7 marzo 2018

RECENSIONE - "Arabesque" - A. Gazzola

Buongiorno!

Vi parlo oggi di una mia recente lettura, un romanzo lieve e simpatico che ha avuto il sapore di un "ritorno a casa" per me.

RECENSIONE
ARABESQUE
Alessia Gazzola
2017, Longanesi

TRAMA: Tutto è cambiato, per Alice Allevi: è un mondo nuovo quello che la attende fuori dall'Istituto di Medicina Legale in cui ha trascorso anni complicati ma, a loro modo, felici. Alice infatti non è più una specializzanda, ma è a pieno titolo una Specialista in Medicina Legale. E la luminosa (forse) e accidentata (quasi sicuramente) avventura della libera professione la attende. Ma la libertà tanto desiderata ha un sapore dolce amaro: di nuovo single dopo una lunga storia d'amore, Alice teme di perdere i suoi punti di riferimento. Tutti tranne uno: l'affascinante e intrattabile Claudio Conforti, detto CC, medico legale di comprovata professionalità e rinomata spietatezza. Quando le capita il suo primo incarico di consulenza per un magistrato, Alice si rimbocca le maniche e sfodera il meglio di sé. Al centro del caso c'è una donna di 45 anni, un tempo étoile della Scala e oggi proprietaria di una scuola di danza. In apparenza è deceduta per cause naturali. Eppure, Alice ha i suoi sospetti e per quanto vorrebbe che le cose, per una volta almeno, fossero semplici, la realtà è sempre pronta a disattenderla. Perché, grazie alla sua sensibilità e al suo intuito, Alice inizia a scoprire inquietanti segreti nel passato della donna, legati all'universo - tanto affascinante quanto spietato e competitivo - del balletto classico...

Adesso tutto torna. Maddalena ha voluto indossare quell'abito, lo stesso che portava quando erano felici e che si è animato di vita perché probabilmente lui una volta glielo ha tolto di dosso. Lo ha cercato per anni, uguale. Per poterlo guardare ancora una volta e per provare ancora le emozioni di quella giovinezza che se n'era andata via. Avrebbe dovuto mandare al diavolo il balletto, suo padre e tutto il resto. Ora chi glieli dà più i fiori del suo giardino, le notti senza stanchezza, i suoi vent'anni?

Settimo volume (comprendendo anche il breve prequel) della serie de L'allieva, alias Alice Allevi, l'impacciata medico legale inventata da Alessia Gazzola, che l'anno scorso ha avuto anche una versione televisiva (e a quanto so, è attualmente in preparazione anche la seconda stagione della fiction interpretata da Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale). Dopo i primi tre volumi ("L'allieva", "Un segreto non è per sempre" e "Le ossa della principessa") avevo interrotto la serie (i due successivi sono "Una lunga estate crudele" e "Un po' di follia in primavera"), in parte perché distratta da altri tipi di lettura, in parte perché un pochino annoiata dal tira-e-molla sentimentale dell'eterna indecisa protagonista, che mi sembrava stesse prendendo il sopravvento sulle vicende gialle e sulle indagini alla C.S.I. che tanto mi avevano incuriosito all'inizio. Avendo saltato i successivi due volumi della serie, avevo un po' di timore di perdermi nel leggere questo settimo episodio (acquistato grazie a una super offerta Kindle). In realtà "Arabesque" si è rivelata una piacevolissima lettura, una rigenerante pausa leggera ma non banale tra alcune letture "importanti", che in definitiva fa esattamente quello che promette: intrattenere senza essere sciocco e superficiale. Non aver seguito le ultime vicende di Alice e il suo dibattersi tra Arthur e Claudio, e non essere stata quindi aggiornata sui risvolti rosa della sua vita, non ha inficiato affatto la lettura di questa storia, e anzi, l'evolversi dei suoi sentimenti mi è sembrato finalmente un po' più maturo e meno ondivago e indeciso e mi ha permesso di dedicarmi ad una lettura rigenerante.

E poi la vicenda gialla di questo "Arabesque" mi ha davvero stupito (in positivo): molto ben costruita, con bei personaggi e bei retroscena, con una notevole introspezione psicologica piuttosto inaspettata, e con uno sguardo adulto ma non disincantato sui rimpianti, sulle occasioni perdute, sulle scelte di vita che spesso portano su strade impreviste e un po' tristi.

Mi piace questa Alice un po' più sicura di sé stessa, sempre empatica e sensibile ma molto più fredda nell'analisi dei suoi stessi sentimenti e di quelli delle persone che la circondano nella sua vita personale ma anche - e soprattutto, direi - di quelle che incontra nel corso del suo lavoro, che siano vittime, testimoni o colpevoli.

Buone letture,

Eva

lunedì 5 marzo 2018

"La Lettura" di lunedì

Buongiorno!

E buon inizio di settimana, che di lunedì mattina non guasta mai. Sì, anche per me il lunedì è sempre difficile ricominciare il solito tran tran, le solite abitudini, svegliarsi presto, correre di qua e di là... soprattutto perché da qualche tempo a questa parte ho iniziato a godere di una bellissima consuetudine della domenica: un bel caffé macchiato e una mezzoretta dedicata a sfogliare la versione cartacea di "la Lettura", il settimanale del Corriere della Sera dedicato a scrittura, arte e cultura (del quale trovate anche un interessantissima e sempre varia versione digitale, QUI).

Ogni settimana trovo spunti interessanti, articoli che leggo ad alta voce a mio marito e mio figlio, inchieste approfondite e soprattutto tanti consigli di lettura, che vanno ad aggiungersi alla mia infinita lista dei desideri.

Ho deciso quindi di condividere qui sul blogghino alcuni dei titoli che mi colpiscono, sperando di poter presto dedicarmi alla loro lettura, e prolungare così fino al primo, triste giorno della settimana una dolce abitudine della mia domenica mattina.

ORIENT, di Christopher Bollen. Orient, sulla punta del North Fork di Long Island, affacciata sul braccio di mare che separa l’isola dal Connecticut. Meno famosa del South Fork, quella degli Hamptons, con relativi magnati dello show business newyorchese, attori e scrittori famosi. In questo paradiso marittimo dei falchi di mare, dei pescatori e delle fioriture selvagge, abitato dalle stesse famiglie da molte generazioni, arriva un giorno da New York Mills, un «drifter», un vagabondo, ex tossicodipendente, ex bambino abbandonato, passato da un affido all’altro. Ospite, in cambio di lavoro, di un signore che possiede una bella casa di famiglia da sgombrare e ristrutturare dopo la morte della madre, Mills viene accolto da subito con molta diffidenza nella comunità locale, tanto più che, dopo il suo arrivo, uno per volta, si cominciano a rinvenire numerosi corpi senza vita. Episodi di violenza mai visti prima nella tranquilla cittadina. Mills, con l’aiuto di Beth, ex artista e moglie in crisi di artista famoso, tornata a Orient dopo anni trascorsi a New York, decide di indagare su una pista parallela a quella della polizia, determinato a capire chi e che cosa c’è dietro il mistero, in una corsa contro il tempo prima che la piccola cittadina finisca per distruggerlo.

E' nella mia lista dei desideri perché... Mi ha colpito per l'articolo (dello stesso autore) che parla dei libri cui è debitore per  la stesura di questo suo romanzo, e poi soprattutto per la splendida copertina, raffinata ed elegantissima. Bollati Boringhieri, una CE che ultimamente mi sta stuzzicando parecchio.

RESTO QUI, di Marco Balzano. L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina.

E' nella mia lista dei desideri perché... Ancora una bellissima copertina, che mi ha attirato subito. E poi, nell'articolo di Paolo di Stefano, un bellissimo approfondimento sui personaggi del romanzo.

JOCA, IL "CHE" DIMENTICATO, di Alfredo Sprovieri. “Nella vita bisogna fare una scelta. Lo so che questo non è il mio paese, ma c’è la libertà da difendere e se nessuno ci prova le cose non cambieranno mai”. Libero Giancarlo Castiglia emigrò in Brasile dalla Calabria a metà degli anni ’50. Dopo un’esperienza come metalmeccanico a Rio De Janeiro, iniziò a collaborare con la redazione del giornale comunista “A Classe Operaria”. Anni difficili, quelli della dittatura militare che depose con la forza il governo del trabalhista João Goulart: il nuovo governo proibì gli scioperi e nel 1965 mise fuori legge le forze politiche avversarie. Castiglia poteva tornare in Italia, ma decise di lottare. Dopo una fase di addestramento in Cina, conosciuto come “Joca”, si mise al comando di un distaccamento della guerriglia rurale in Amazzonia: in soli 69 contro migliaia di soldati. Dopo anni di epiche battaglie Joca e i suoi vennero sconfitti fra il 1973 e il 1974, e sparirono nel nulla a seguito di un imponente rastrellamento. All’inizio del nuovo millennio, però, in una fossa comune vicina al grande fiume Araguaia, viene ritrovato uno scheletro con le mani mozzate: il governo brasiliano ritiene possano essere i resti dell’italiano e organizza una spedizione in Calabria alla ricerca del suo dna. Ma da quel giorno di speranza ritorna il silenzio, nessuno in tutti questi anni ha mai voluto dare alla sua famiglia quello che gli spetta di diritto: il corpo del proprio caro insieme alla verità sulla sua morte. Una storia, sconosciuta ai più, che ricorda per alcuni tratti l’epopea del “Che”, e su cui il giornalista Alfredo Sprovieri ha deciso di fare chiarezza. Introdotto da Goffredo Fofi, il libro racconta le città e le foreste in cui il Plan Condor inghiottì la meglio gioventù sudamericana. Le due parti del saggio sono precedute e seguite da due brevi incursioni di inchiesta vera e propria che ci riportano al tempo presente e rivelano inediti retroscena sulla vicenda.

E' nella mia lista dei desideri perché... E' bastata la parola "Che" nel titolo per attirarmi verso questo libro. Non se ne parlava in un articolo, ma nella pagina di pubblicità della casa editrice Mimesis Edizioni, una piccola realtà lombarda che ha nel catalogo molti saggi interessanti.

Buone letture e, soprattutto, buona settimana!

Eva

giovedì 1 marzo 2018

RECENSIONE - "Un ragazzo normale" - L. Marone

Buongiorno!

Oggi vi parlo di un romanzo che, a quanto pare, sta dividendo la "critica" (nel senso probabilmente ristretto dei blog letterari) tra chi lo ha amato e chi invece ne è rimasto deluso...

RECENSIONE
UN RAGAZZO NORMALE
Lorenzo Marone
2017, Feltrinelli

TRAMA: Mimì, dodici anni, occhiali, parlantina da sapientone e la fissa per i fumetti, gli astronauti e Karate Kid, abita in uno stabile del Vomero, a Napoli, dove suo padre lavora come portiere.
Passa le giornate sul marciapiede insieme al suo migliore amico Sasà, un piccolo scugnizzo, o nel bilocale che condivide con i genitori, la sorella adolescente e i nonni.
Nel 1985, l’anno in cui tutto cambia, Mimì si sta esercitando nella trasmissione del pensiero, architetta piani per riuscire a comprarsi un costume da Spiderman e cerca il modo di attaccare bottone con Viola convincendola a portare da mangiare a Morla, la tartaruga che vive sul grande balcone all’ultimo piano. Ma, soprattutto, conosce Giancarlo, il suo supereroe. Che, al posto della Batmobile, ha una Mehari verde. Che non vola né sposta montagne, ma scrive. E che come armi ha un’agenda e una biro, con cui si batte per sconfiggere il male.
Giancarlo è Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” che cadrà vittima della camorra proprio quell’anno e davanti a quel palazzo.
Nei mesi precedenti al 23 settembre, il giorno in cui il giovane giornalista verrà ucciso, e nel piccolo mondo circoscritto dello stabile del Vomero (trenta piastrelle di portineria che proteggono e soffocano al tempo stesso), Mimì diventa grande. E scopre l’importanza dell’amicizia e dei legami veri, i palpiti del primo amore, il valore salvifico delle storie e delle parole.
Perché i supereroi forse non esistono, ma il ricordo delle persone speciali e le loro piccole grandi azioni restano.

Era già a qualche metro di distanza quando si voltò.
"Mimì..."
"Eh..."
"Il finale... potresti lasciarlo aperto a più possibilità. Mica devi per forza trovare una soluzione per far contento il lettore, non tutte le storie hanno un buon finale", e mi strizzò l'occhio.
E' vero, Giancà, non tutte le storie hanno un buon finale.

Una casa vuota, disabitata, silenziosa. Muri spogli, segnati dal tempo: qui l'ombra di una libreria, là probabilmente c'era il letto, e il lungo corridoio per arrivare a un terrazzo che, chissà perché, da bambino sembrava enorme. E sul muro, un po' nascoste, le loro iniziali, incise in un pomeriggio di noia: SFMV. Sasà Fabio Mimì Viola. Quattro dodicenni napoletani, il racconto della loro estate del 1985, e Mimì, ormai un quarantenne Domenico, con moglie e figlio, che vive altrove, che cammina tra i ricordi di quei mesi.

Nel corso di quell'estate, Mimì ha sperimentato per la prima volta cosa significa crescere: abbandonare per sempre il sé stesso bambino, con gli ultimi strascichi dell'infanzia che fanno spazio ai turbamenti adolescenziali, alla sete di libertà e giustizia, alle amicizie "da grande". In un continuo avvolgersi del tempo, andando avanti e indietro nei ricordi di questo ragazzo napoletano tanto particolare, anche noi lettori facciamo la conoscenza con personaggi reali oppure inventati ma realistici e vivacemente caratterizzati. Ci sono i nonni, saggi e teneri, che regalano di nascosto a Mimì le "diecimila lire" per offrire il gelato alla ragazza del cuore; ci sono mamma e papà, una mamma e un papà normali, che non capiscono bene questo figliolo tanto diverso ma che comunque ne sono orgogliosi, e tanto in ogni caso lo accetterebbero e lo amerebbero comunque fosse; c'è Viola e la sua famiglia di ricchi borghesi del Vomero, a cui Mimì guarda dal "basso" del gabbiotto del portiere; c'è l'amico Sasà, simbolo di tanti ragazzi napoletani un po' borderline, in bilico tra la legalità e il grande salto nel "sistema", che potrebbe garantire loro quella ricchezza e quel benessere da cui si sentono, con rabbia, esclusi.

E poi c'è lui, Gianca'. Giancarlo Siani, un ragazzo normale. Un giornalista coraggioso. Un supereroe con cui sperimentare la lettura del pensiero, a cui chiedere consigli d'amore e letterari, con cui cantare a squarciagola la canzone preferita di Vasco Rossi, da difendere a spada tratta nei confronti degli altri adulti, spaventati dal suo mettersi in mostra, dal suo non chinare la testa come tutti.

Ho trovato questo libro poetico, commovente, emozionante e ben scritto. "Un ragazzo normale" è il secondo romanzo di Marone che leggo, qualche mese dopo "Magari domani resto" che mi era piaciuto molto soprattutto per il personaggio di Luce. Ma mentre lì avevo trovato molta cartolina, una Napoli ben descritta ma forse troppo positiva e in buona "luce" (perdonate il gioco di parole), qui ho trovato tanto cuore napoletano, con i suoi lati oscuri e profondi, con le sue paure, le sue vigliaccherie, le sue inevitabili piccolezze.

Quando Mimì parla come nessun altro, in modo assurdo e quasi inverosimile, senza preoccuparsi di essere preso in giro per le sue parole complicate, per la sua cultura enciclopedica, per la sua pignoleria, per il suo essere profondamente, immensamente diverso da tutti quelli che gli girano intorno, comprese le persone che lui pure ama, sta rimarcando secondo me la necessità (inconscia) di staccarsi in modo radicale dall'ambiente in cui si è cresciuti per poter essere diversi, per poter andare via, davvero.

Nell'estate in cui tutto cambiò, non soltanto Giancarlo Siani venne ucciso da due sicari in una tiepida sera di settembre. Non soltanto Mimì ha perso la sua innocenza, inesorabilmente lasciata indietro insieme al rimbombo dei 10 colpi di pistola che raggiunsero il suo grande amico, il suo supereroe non più invulnerabile, sulla sua ormai mitica Mehari verde.

Nell'estate in cui tutto cambiò, un'intera città si risvegliò Fortapàsc.


Buone letture,

Eva.