Stregata dalla penna lieve e dall'immaginazione di Fabio Bartolomei (QUI la mia recensione alla storia dei terribili vecchietti de "La banda degli invisibili"), ho deciso di approfondire le tematiche di questo scrittore e mi sono dedicata al suo primo lavoro...
RECENSIONE
GIULIA 1300 E ALTRI MIRACOLI
Fabio Bartolomei
2011, Edizioni E/O
Fabio Bartolomei
2011, Edizioni E/O
TRAMA: A Diego, quarantenne traumatizzato da un lutto familiare, con un lavoro anonimo e un talento unico per le balle, accade di imbarcarsi in un’impresa al di sopra delle sue capacità, l’apertura di un agriturismo; accade che decida di farlo in società con due individui visti solo una volta e che in comune con lui hanno esclusivamente la mediocrità; accade anche che a scongiurare il fallimento immediato sia l’intervento di un comunista nostalgico e che la banale fuga in campagna si trasformi in un atto di resistenza quando nell’agriturismo si presenta un camorrista per chiedere il pizzo. Una “miracolosa” commedia all’italiana che ci fa ridere da pazzi senza nascondere i mali e i difetti del nostro paese.
Pensavo che a questo punto avrei sentito la mancanza della mia vita, della città, delle vecchie abitudini. Mi sbagliavo, anche se in definitiva qui non ho trovato nulla di ciò che cercavo. Volevo una vita più tranquilla e invece mi trovo ad affrontare un problema dietro l'altro; volevo un riscatto dalla mediocrità e, almeno al momento, non ho costruito niente di cui essere fiero; volevo l'avventura e certo, non che qui manchino le emozioni, ma avevo in mente qualcosa di decisamente diverso. Eppure non sento la nostalgia di niente.
A parte il fatto che le copertine dei romanzi di Bartolomei che ho letto finora mi hanno attratto immediatamente (quell'arancione brillante dei vecchietti della Montagnola, questo verde scuro profondo e vivissimo dell'agriturismo tra Campania e Lazio), bisogna dire che le sue storie difficilmente lasciano indifferenti. Con questo "Giulia 1300" - titolo incantevole - Fabio Bartolomei affabula e stupisce per (quasi) tutto il tempo. La storia è semplice anche se un po' surreale: tre quarantenni romani, diversissimi tra loro per carattere, idee, atteggiamento nei confronti della vita e dei rapporti con le persone, decidono per caso di provare a dare una svolta alla loro mediocre esistenza e, senza conoscersi, nel pieno del delirio e del crollo della loro vecchia vita si lanciano nell'avventura di trasformare un casale della campagna tra Campania e Lazio in un agriturismo. Senza sapere niente di ristrutturazione, di intrattenimento ospiti, e in fondo neanche di come muoversi in un ambiente che non sia quello ben noto e conosciuto a ciascuno di loro, e con l'aiuto di un gruppetto di personaggi tra i più disparati, l'avventura sembra mettersi bene. Senonché l'inaspettato sbattere in faccia alla realtà della zona presenta loro il conto: un camorrista, poi altri due, poi due carabinieri corrotti, poi un altro camorrista ben più cattivo e feroce dei primi, insomma una catena di guai che i nostri affrontano con incoscienza e follia.
Si ride, anche molto in alcuni punti. A me è piaciuto molto il personaggio del veterocomunista Sergio, che inaspettatamente trova in questi tre sfigati e nella loro impresa il modo di provare a dare concretezza ai suoi sogni di una vita. E i tre immigrati clandestini, Abu, Samuel e Alex, con le loro storie antiche e la loro saggezza imperturbabile, che mettono i tre protagonisti di fronte alle loro paure e alle loro piccolezze, offrendo loro una possibilità di parziale riscatto.
La penna di Bartolomei è felice, efficace, nel descrivere paesaggi ed evocare suggestioni, come il camorrista esperto di musica classica e le speranze ostinate che nascono nel cuore dei protagonisti. Quello che non mi ha lasciato pienamente soddisfatta è il finale: fino a dieci pagine dalla fine reputavo questo un grandissimo libro, con situazioni un po' forzate, certo, e svolte nella trama non proprio credibili, ma la sospensione dell'incredulità ha funzionato benissimo ed ero sicura che l'autore sarebbe riuscito, alla fine, a tirare tutte le fila della trama per rendere giustizia all'evoluzione psicologica dei personaggi e allo svolgersi della vicenda... e invece il tutto è rimasto sospeso, aperto, in un finale-non finale che mi ha un pizzico deluso, perché ora, a distanza di tempo dopo aver concluso la lettura, mi sembra sempre più che l'autore si sia spinto troppo in là nello spingere le vicende e che a un certo punto non sapesse più come tirarsi fuori da un'impasse narrativa.
La fine della storia è solo suggerita, lasciata all'immaginazione del lettore, evocata nelle considerazioni finali dei tre protagonisti a bordo della Giulia 1300 del titolo, ma io avrei preferito vedere con i miei occhi la conclusione della vicenda, e sapere cosa succede ai due personaggi di cui improvvisamente non si sa più nulla (non dico niente per non rovinare la lettura a chi ancora non l'ha letto).
In definitiva, un bel libro ma a mio parere leggermente inferiore a "La banda degli invisibili". Adesso voglio senza dubbio dedicarmi a "We are family" e "La grazia del demolitore", due altri titoli di Fabio Bartolomei che sono finiti dritti dritti nella mia lista dei desideri.
Buone letture,
Eva
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