Rieccomi qui sul blog con la recensione di un bel giallo-noir francese, di un autore poco conosciuto qui da noi ma, a quanto pare, amatissimo in madrepatria.
RECENSIONE
NINFEE NERE
Michel Bussi
Edizioni E/O
TRAMA: A Giverny in Normandia, il villaggio dove ha vissuto e dipinto il grande
pittore impressionista Claude Monet, una serie di omicidi rompe la
calma della località turistica. L’indagine dell’ispettore Sérénac ci
conduce a contatto con tre donne. La prima, Fanette, ha 11 anni ed è
appassionata di pittura. La seconda, Stéphanie, è la seducente maestra
del villaggio, mentre la terza è una vecchia acida che spia i segreti
dei suoi concittadini da una torre. Al centro della storia una passione
devastante attorno alla quale girano le tele rubate o perse di Monet
(tra le quali le Ninfee nere che l’artista avrebbe dipinto prima di
morire). Rubate o perse come le illusioni quando passato e presente si
confondono e giovinezza e morte sfidano il tempo.
L’intreccio è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente imprevedibile. Ogni personaggio è un vero enigma. Un’indagine con un succedersi di colpi di scena, dove sfumano i confini tra realtà e illusione e tra passato e presente. Un romanzo noir che ci porta dentro un labirinto di specchi in cui sta al lettore distinguere il vero dal falso.
L’intreccio è costruito in modo magistrale e la fine è sorprendente, totalmente imprevedibile. Ogni personaggio è un vero enigma. Un’indagine con un succedersi di colpi di scena, dove sfumano i confini tra realtà e illusione e tra passato e presente. Un romanzo noir che ci porta dentro un labirinto di specchi in cui sta al lettore distinguere il vero dal falso.
La faccenda durò tredici giorni. Il tempo di un'evasione.Tre donne vivevano in un paesino.La terza era quella con più talento, la seconda era la più furba e la prima era la più determinata.Secondo voi, quale delle tre è riuscita a scappare?
La terza, la più giovane, si chiamava Fanette Morelle. La seconda si chiamava Stéphanie Dupain. La prima, la più vecchia, ero io.
Una perfetta atmosfera francese, ma non quella scintillante della capitale, bensì quella più sonnolenta e defilata della periferia, in questo caso del paesino di Giverny, nell'alta Normadia: ecco la cornice ideale per questo insolito noir che trasporta il lettore in una storia misteriosa e a tratti cupa. I colori tenui dei quadri di Monet, la dolcezza delle ninfee ritratte sul famoso laghetto, l'armonia del ponte riflesso nelle calme acque dell'Epte... tutto costituisce il fondale armonico e apparentemente idilliaco di una storia violenta di follia e rabbia, di paura e di voglia di libertà.
Non è facile parlarvi di un noir in generale, e di questo in particolare, senza svelare troppo della trama, soprattutto senza rivelare troppi particolari. Mai come in questo caso l'evolversi della storia deve seguire il suo corso naturale, prendendo per mano il lettore e accompagnandolo attraverso strade tortuose e vicoli che sembrano ciechi, fino allo sconvolgente finale, totalmente inaspettato.
Per me, non è stato facile entrare subito dentro questa storia: le prime pagine sono quasi faticose, perché vengono introdotti diversi personaggi, il punto di vista e perfino lo stile della narrazione cambiano continuamente e la vicenda sembra perdersi in mille rivoli inconcludenti e slegati tra loro. Ma man mano che procedevo nella lettura, affascinata comunque da una scrittura pulita e netta, e incuriosita da un personaggio in particolare, vedevo, sentivo che tutto confluiva progressivamente verso un finale perfetto, con un colpo di scena costruito in maniera impeccabile grazie al quale finalmente tutto è andato al suo posto.
Una delle protagoniste, Stephanie, mi ha fatto tanta tenerezza e
rabbia insieme. Una moderna Madame Bovary, una come quell'amica che
tutte abbiamo, che ti fa venir voglia di scuoterla e di gridarle in
faccia di svegliarsi, di guardare in faccia la realtà, di non perdersi
dietro alle sue stupide fantasticherie e alle sue illusioni...
Ma come accennavo sopra, ho amato moltissimo, in particolare, il personaggio del viceispettore Sylvio Bénavides: la sua solidità, che fa da contraltare alla leggerezza un po' sconsiderata del suo capo Laurenc Sérénac, la sua mania delle liste e la sua concretezza, a mio parere, ne fanno una perfetta spalla investigativa e me l' hanno reso un perfetto compagno di avventure nella lettura di questo libro sorprendente.
Cheers,
Eva
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